Ai confini d’uno sguardo tu incedi attraverso gallerie di volti con melodioso lamento l’oblio rammemorando: procedere immobile, stillicidio di percezioni ancipiti, metrica d’un io che dice l'abisso del possibile! Ma in un cielo incolume dalla stella del mattino apprendiamo l’inconcepibile arte del morire l’annuncio porta con sé il compimento.
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Bruno
- 02/01/2012 10:57:00
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E sempre un piacere leggerti. Il comune amico Moris condivide il mio pensiero.
Spero a presto
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Lorena Turri
- 02/01/2012 10:31:00
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Venere: "stella del mattino" e stella della sera". Metafora del giorno che nasce e del giorno che muore. La vita: larte del morire. La fine: il compimento. Di senechiana memoria. Molto bella, Luca. Sono stata un po sintetica, ma larte del commento devo ancora acquisirla... spero mi perdonerai ;-)
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monica martinelli
- 30/12/2011 15:14:00
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Mi associo a tutti i commenti pubblicati. Mi piace molto anche il titolo di questa bellissima poesia, dellinizio e della fine, il ciclo della vita e della morte che caratterizza tutti gli esseri mortali, landare oltre i confini, viene tutto espresso in questa poesia in modo inoppugnabile e chiaro. Luca, parafrasandoti ti capovolgo: buona fine e buon inizio!! Tanti complimenti e un caro saluto monica
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Franco Fabiano
- 29/12/2011 12:00:00
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Carissimo Luca,
ogni tanto - tu ne sei a conoscenza - mi ritrovo sul sito de "La Recherche", per leggere qualche testo che possa contribuire ad arricchirmi tanto sul piano umano quanto su quello squisitamente artistico-letterario.
Come da tempo accade, i tuoi versi - per me frutto di un raro talento - mi emozionano, mi suscitano inoltre sensazioni di natura filosofica-spirituale, peraltro sempre auspicabili quando leggiamo pagine di indiscusso valore.
La lirica "Dellinizio e della fine" mi affascina per le tematiche (certamente con una valenza introspettiva), mentre il titolo, in effetti, ne accenna e ne suggerisce il pieno svolgimento, come fosse un quadro che prende anima e forma e libera la propria stessa interiorità, sperando che qualcuno, forse in un altrove, possa raccoglierne il messaggio e lessenzialità. Una poesia che parla tramutando le parole, cercando mediante antiche percezioni il significato del principio e del compimento della vita; questa ricerca non avviene, però, per una urgenza puramente religiosa, quanto per una insita necessità del proprio spirito in movimento, moto perpetuo che oltrepassa i confini del mondo fisico e dellumano.
Un componimento degno della migliore tradizione letteraria contemporanea, che innalza lo spirito, induce la mente al pensiero, senza tuttavia ignorare la gioia consolatrice del cuore!
Complimenti!
Franco
Inserisco questo commento alla poesia in qualità di lettore-fruitore di opere letterarie e, nello specifico, in veste di indubbio sostenitore di un Autore di talento.
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Luca Soldati
- 29/12/2011 10:38:00
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Beh!...che dire gentilissimo Paolo...il suo commento mi lascia senza parole...mille grazie...Cercherò di seguire il suo consiglio...anche se spero sia chiaro che quel "quando diventerò famoso" era davvero una boutade per rendere omaggio alla splendida Loredana e alle sue letture equilibrate e profonde.
Ricambio labbraccio
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Paolo Ottaviani
- 28/12/2011 21:01:00
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Complimenti, Luca!...Splendido il tuo testo poetico...e condivido persino le virgole della tua risposta a Narda...ma non penserei a "diventare famoso", neppure per celia, bensì a diventare ogni giorno di più, per tutti i giorni a venire, poeta! Un abbraccio. Paolo
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Maria Musik
- 28/12/2011 09:43:00
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No, Luca, nessuna suggestione. Il Quinto Vangelo è quello che scrive ognuno di noi, incarnandolo nel proprio tempo, nel proprio contesto e nella propria capacità od incapacità. Credo che lapproccio a concetti quali lalfa e lomega non siano e non possano essere correlati solo alleternità del Dio degli ebrei e dei cristiani, così come lattesa non sia solo quella del Messia e lunica epifania la sua manifestazione. Altro non aggiungo perché hai già spiegato ampiamente il tuo testo e le sue implicazioni. Mi interessa, invece, entrare nel merito del confronto sui temi del "già visto"/"già sentito". Ritengo che in ogni arte, quindi anche in quelle afferenti la scrittura, tutto sia già stato visto e sentito, più e più volte. Ciò che cambia, nel tempo e nello spazio, è il punto di vista e quello di ascolto. Per questo, ogni scritto (a parte i plagi e, a volte, persino questi ultimi) hanno un portato di novità. Questo vale sia per lo scrittore che per il lettore. Il fatto, poi, di essere tutti emissari ed immissari di uno stesso fiume, lungo quanto la storia del mondo e del pensiero, fa sì che ogni nostro scritto sia "unibridazione". E ciò è un bene perché vuol dire che non abbiamo compiuto invano il nostro cammino, seppur umile o ridotto, di conoscenza.
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Luca Soldati
- 27/12/2011 16:47:00
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@Nando: hai postato mentre stavo scrivendo! Grazie per il tuo intervento; sulla "selezione delle parole" hai perfettamente ragione.
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Luca Soldati
- 27/12/2011 16:44:00
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@Maria: il "quinto vangelo"?!?! secondo me ti sei fatta suggestionare dal mio nome :-) Grazie per la tua solita generosità!
@Loredana: Quando diventerò famoso ti affiderò l’edizione critica delle mie opere :-) Grazie!
@Narda: La ringrazio per aver riscontrato "maestria" nel mio modestissimo lavoro. Quanto al rilievo critico "dejà vu, dejà senti..." lei ha colto in negativo quanto io ritengo essere in positivo l’asse portante dei miei versi e più in generale, forse, del mio modo di fare poesia. "Tutto è accaduto - e la causa di questo accadere è innominabile. [...] Tuttavia, affermare che nulla resta da fare non mette a tacere il problema, poiché proprio questo continua a essere detto. [...] Parlandone e scrivendone ce ne rendiamo complici. [...] E’ un io svuotato quello che [...] è costretto a estenuare la propria ricerca di senso (ciò che ne implica l’assenza) [...] senza poter credere che un Libro, un Nomos ne costituiscano origine e fondamento" [Massimo Cacciari "Hamletica"]. L’arte diventa il luogo in cui va in crisi l’idea di verità: l’"annuncio", pertanto, non parla di morte ma di "arte del morire". Al poeta, vale a dire, rimane solo la consapevolezza che la propria arte è "suprema finzione", per dirla con Stevens Wallace, che lo costringe ad un’inesauribile attesa ("procedere immobile") dove inizio e fine coincidono ("la stella del mattino" e la stella della sera indicano lo stesso pianeta, Venere)in una prospettiva assolutamente a-teologica e a-teleologica.
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Nando
- 27/12/2011 16:33:00
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Se la forma non è in discussione, poiché lAutore mi sembra sia di riconosciuta bravura, il mio commento guarda i contenuti e vi leggo la "prigione" in cui pare sia chiuso lessere umano: la prigone dualista dei contrasti; in questo, la selezione delle parole che scrivono il testo mi sembra esprima tale concetto molto chiaramente.
Ciao Luca
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Narda Fattori
- 26/12/2011 16:33:00
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Ci sento dellambiguità in questi versi che senza dubbio hanno maestria ma anche un deià vu, dejà senti... Lannuncio è di morte, questo mi pare sia il significato drammatico, perchè è sono venuto ( Gesù) per la vostra salvezza, il momento che la precede è la fine della vita... Naturalmente non sono scevra di grossolani errori.
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Loredana Savelli
- 26/12/2011 09:21:00
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"Ai confini duno sguardo" suggerisce una ricerca che punti in tutte le direzioni e anche oltre, oltre i confini. E dopo lapparente immobilismo, dopo la sensazione delloblio, quanto si cerca è nel semplice ritmo della stella del mattino, nelle cose, nellio, è nel possibile ed è proprio questo labisso.
Ciao Luca.
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Maria Musik
- 26/12/2011 07:45:00
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... Ma in un cielo incolume
dalla stella del mattino apprendiamo
l’inconcepibile arte del morire
l’annuncio porta con sé il compimento.
Luca, hai scritto il quinto vangelo, quello che stamane andavo cercando mentre vegliavo la seconda notta per cogliere lalba di sorpresa.
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